Due vite una ricompensa

Autore: Stefano Ferri

Edito da Mursia

Pubblicato nel settembre del 2024

Pag. 382

DESCRIZIONE DEL LIBRO

Anno Mille. In uno sperduto feudo del Regno di Lombardia la routine del contadino Guglielmo viene funestata dall’improvvisa – e gravissima – malattia della giovane moglie Rosa. Deciso a non rassegnarsi all’idea di perderla, mentre sacrifica tutto il raccolto a un viaggio della speranza allo Spedale di Milano, s’inventa un modo per non togliere il cibo di bocca ai suoi bambini: una pietanza sconosciuta chiamata riso, insaporita col contenuto dell’osso grande del bue. È la stessa pietanza che ritroviamo secoli dopo nella Milano di San Carlo Borromeo, tinta di giallo zafferano da un pittore del cantiere del Duomo, e che dopo la peste del 1576-77 lascerà una traccia perenne nei miti e nei riti dell’amore. Una storia emozionante, indicativa del senso della vita quant’altre mai.

RECENSIONE

Carissima Anima Amante dei libri,

quest’anno mi sta regalando tante nuove scoperte letterarie e tra queste c’è il libro di Stefano Ferri “Due vite una ricompensa” edito da Mursia, un romanzo che mi ha intrattenuto con interesse, curiosità, passione e che mi ha emozionato profondamente.

È un libro che ci regala due storie di vita che scorrono con fluidità, catturano e “intrappolano” testa, cuore, anima, ma anche i sensi. Sì, questo è un romanzo bello e… che sa di buono… in ogni senso!

C’è tanta anima in questo libro, fede, speranza, ricerca di giustizia, profonda sensibilità, attenzione agli ultimi e a coloro che vivono la quotidianità con difficoltà; non manca uno sguardo al bisogno di inclusione che in passato e nel presente tocca la vita di alcune persone nelle società ed è uno aspetto che ci riguarda tutti da molto vicino…

Il romanzo che Stefano Ferri ci regala intreccia storia e invenzione creando una narrazione che scorre agilmente e che ci regala dei personaggi ben caratterizzati con lineamenti familiari, come se fossero parte del nostro vissuto, come se leggendo stessimo insieme a loro…

Soffrendo per i loro lutti e per le loro “sconfitte”.

Gioendo per le loro conquiste.

Una cosa è certa… Questo romanzo è attraversato dall’amore, da buoni sentimenti e da un ottimo risotto alla milanese! Ve lo avevo preannunciato che questo romanzo è bello e buono, ora capite il perché!

La narrazione si compone di due parti con capitoli brevi e molto piacevoli da leggere.

Nella prima parte ci troviamo nelle campagne lombarde nell’anno 1000 D.C.

In una piccola casetta vive una famigliola.

I giovani genitori, Guglielmo e Rosa, si adoperano per cercare di crescere i loro bambini con amore nonostante le poche risorse economiche.

Alla fatica e agli enormi sacrifici per mettere ogni sera un piatto in tavola per sfamare i bimbi si somma l’improvvisa malattia di Rosa.

L’amore di Guglielmo per Rosa è sconfinato, forte, determinato. Non può e non vuole perdere la sua amata Rosa… il suo coraggio, la sua forza d’animo lo spingeranno a cercare qualunque modo per salvarla.

Per alimentare i bimbi, dato che Rosa ogni giorno che passava perdeva le forze, il giovane Guglielmo s’invento un modo per cucinare un cereale giunto chissà da quale luogo e acquistato a basso costo: il riso.

Scoprì anche che tra le ossa del bue si trovava una sostanza molliccia e gustosa.

Unendo il riso al midollo creò un piatto succulento che gli permise di sfamare la famiglia.

Nella seconda parte ci troviamo a Milano dal 1574 in poi…

Lo scenario cambia, ci troviamo nel bel mezzo della costruzione del Duomo di Milano.

Il lavoro richiede la manodopera di diversi operai con diverse mansioni.

Tra questi operai si trova un giovane pittore che aveva una tecnica originale per quel periodo storico che serviva per ottenere delle sfumature particolari nelle sue tinture destinate all’abbellimento delle magnifiche vetrate e degli straordinari affreschi.

Il giovane si chiamava Filippo, era povero ma in gamba, volenteroso e capace nella sua arte.

In quel periodo c’era uno spettro che si aggirava per Milano e nelle vicinanze: la peste che non risparmiò nessuno di coloro che vennero colpiti, giovani, vecchi, ricchi e poveri. La peste non perdonava nessuno. O quasi.

Qualcuno riuscì a salvarsi.

In quel periodo così difficile per Milano il cardinale Borromeo fece la differenza.

Il giovane Filippo che usava una spezia per le sue tinture ebbe l’idea di fare uno scherzo durante il banchetto nuziale della donna per lui impossibile da amare.

Quella spezia che ha il pregio di cambiare colore a contatto con l’acqua crea una ricetta perfetta, altro che scherzo!

Così, in entrambi i racconti narrati da Stefano Ferri troviamo il riso che in coppia con lo zafferano diventano l’icona su cui ruota la narrazione del romanzo… ma la parte migliore è proprio tutta la vita che riesce a far fiorire accanto ad elementi così semplici.

Ci sono valori portanti della vita ad abbellire il tutto come un grazioso ricamo senza il quale l’esistenza avrebbe poco senso.

Insomma, l’originalità di questo romanzo è fuori discussione sia per chi ama la narrativa, per chi adora la storia e per chi… ama la buona cucina. Questo libro si gusta dall’inizio alla fine e resta alla fine delle pagine un filo di nostalgia.

Io avrei letto altre mille pagine.

Complimenti a Stefano, ormai lo seguo con profondo interesse!

Ovviamente, non posso raccontarvi proprio tutto altrimenti vi rovino il bel viaggio tra queste pagine.

Un libro che emoziona e che fa riflettere soprattutto pensando che spesso la fede lungo i secoli si stata usata per sfruttare e raggirare i più deboli…

I “sapienti” o coloro che si sentivano tali hanno sempre cercato di manipolare, discriminare e imporre pesi e/o assurdi sacrifici ai poveri.

Forse succede ancora.

Un libro che fa pensare a quanto il bene sia una scelta personale.

Questo è uno di quei libri che alla fine della lettura ti fanno dire: “Ho speso bene il mio tempo e ho vissuto tra queste pagine a tutto cuore!”.

Consigliato!

Ringrazio la CE Mursia per la collaborazione, Anna e Raffaella per la splendida occasione di lettura.

Roberta Salis

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