Avevo solo le mie tasche – Manoscritti dal manicomio

Autore: Alberto Paolini

Edito da Sensibili alle Foglie

Pubblicato nel marzo 2016

Pag.144

 

 

DESCRIZIONE DEL LIBRO

Alberto Paolini racconta la sua storia, da quando, orfano, fa l’esperienza del collegio fino alla sua attuale residenza in casa famiglia, passando per quarantadue anni di manicomio. La descrizione della sua vita, dall’applicazione dell’elettroshock ai laboratori di scrittura al Santa Maria della Pietà di Roma, è in parte orale, rilasciata come testimonianza, e in gran parte scritta. Il suo rapporto con la scrittura, infatti, è di lunga data. Inizia a scrivere sui foglietti che recupera in manicomio, con grafia minuta, per poter risparmiare spazio e carta, e poter conservare le sue scritture in tasca. Infatti, alla persona ricoverata, dice, non è consentito tenere nulla, se non le cose che possono stare nelle tasche della giacca, dei calzoni. Dei pochi frammenti rimasti si propongono qui, nella seconda parte, diverse poesie e alcuni racconti brevi, corredati dalle immagini dei diversi tipi di scrittura propri dell’autore.

 

RECENSIONE

 

Carissimi Amanti dei libri,

ci sono storie che bisogna raccontare perché non si ripetano,

storie che fanno male,

storie che restano senza voce e che nessuno racconta.

La storia narrata in questo libro “Avevo solo le mie tasche -Manoscritti dal manicomio” è una di quelle storie che entra nel cuore e non esce più. L’autore, Alberto Paolini, non ha nessuna pretesa di diventare famoso nel raccontare la sua storia ma apre una finestra su un mondo spesso sconosciuto o di cui si parla a bassa voce: il manicomio.

I suoi primi anni di vita lo vedono risiedere in un collegio, dove veniva picchiato, preso in giro, castigato ingiustamente e lui subiva in silenzio perché non si sentiva di avere lo stesso atteggiamento che avevano con lui…

E dal collegio al manicomio il passo fu breve. Avrebbe dovuto starci poco, solo per qualche visita medica che rassicurassero la famiglia che lo prese in affido, “i Benefattori”, che stesse bene perché per la sua età non era vivace, era troppo taciturno!

Tra quelle gelide mura ha trascorso quarantadue anni della sua vita: era un orfano, era un tipo silenzioso, era abituato a non osare rivolgere la parola alle persone più grandi per rispetto, era uno dei tanti senza nessuno che potesse prendersi cura di lui, era uno che non sapeva parlare perché nessuno glielo aveva insegnato o permesso…

Ci racconta la sua storia senza cattiveria ma con estrema lucidità.

La solitudine, gli elettroshock, il sogno di avere una vita fuori da quelle mura.

E il suo amore per la scrittura che coltivava di nascosto, con abbreviazioni che solo lui capiva, su foglietti minuscoli, con una grafia minuta per risparmiare lo spazio e per farci entrare i suoi pensieri da… tenere in tasca!

Se nella prima parte del libro, Alberto Paolini, racconta la sua storia, nella seconda parte ci fa dono di poesie e racconti brevi che… racchiudono il suo animo puro. Un animo che è riuscito a mantenere la bellezza di chi ha vissuto un’esperienza dolorosa trasformandola in luce per chi ne viene a conoscenza.

Mi ha emozionato leggere la storia di Alberto Paolini. Mi ha interrogato, mi ha scosso nel profondo e mi ha regalato un motivo in più per guardare la vita con gratitudine. Spesso ci lamentiamo per tante cose, poi arrivano storie come queste a farci capire che qualcuno avrebbe motivo di lamentarsi per davvero e invece vive sereno nel dolore e regala luce dal suo inferno!

Roberta Salis

 

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