Mio fratello

Autore: Daniel Pennac

Traduttrice: Yasmina Melaouah

Edito da Feltrinelli

Pubblicato nell’ottobre del 2018

Pag. 121

 

 

DESCRIZIONE DEL LIBRO

“Non so niente di mio fratello morto, se non che gli ho voluto bene. Sento moltissimo la sua mancanza, e tuttavia non so chi ho perso. Ho perso il piacere della sua compagnia, la gratuità del suo affetto, la serenità dei suoi giudizi, la complicità del suo senso dell’umorismo, ho perso la quiete. Ho perso quel po’ di tenerezza che c’era ancora al mondo. Ma chi ho perso?”

Poco tempo dopo la morte del fratello Bernard, Daniel Pennac allestisce una lettura scenica di un celebre racconto di Melville, «Bartleby lo scrivano». Per il personaggio di Bartleby, lui e Bernard avevano la medesima predilezione. Alternando qui gli estratti del suo adattamento teatrale di Bartleby e gli aneddoti su Bernard, ricordi affettuosi, divertenti o spietati, battute piene di humour e di lucidità, Daniel Pennac tratteggia il ricordo del fratello scomparso, vero e proprio complice, insostituibile compagno di vita. E al contempo mette in luce una singolare affinità tra i due personaggi. Come Bartleby, Bernard era sempre più incline a ritrarsi deliberatamente dalla vita sociale, a un rifiuto categorico di aggravare l’entropia. A questa testimonianza di affetto fraterno, Pennac affianca riflessioni appassionate sul teatro, la recitazione e le maschere sociali. Il tutto costituisce un singolare libro d’amore, insieme profondo, lucido e toccante.

 

 

RECENSIONE

Carissimǝ Amanti dei libri,

per la challenge da me ideata #leviamo la polvere dai libri ho letto il libro di Daniel Pennac “Mio fratello”.

Non avevo mai letto nulla di questo autore perché pensavo non fosse nelle mie corde e mi sbagliavo, mai giudicare un libro dalla copertina.

 

“Non so niente di mio fratello morto, se non che gli ho voluto bene. Sento moltissimo la sua mancanza, e tuttavia non so chi ho perso. Ho perso la gratuità del suo affetto, il piacere della sua compagnia, la profondità del suo silenzio, il distacco del suo humor, la delicatezza della sua attenzione, la sua serenità di giudizio, l’intelligenza delle situazioni, ho perso la pace. Ho perso quel po’ di tenerezza che restava nel mondo. Ma chi ho perso?”.

(Pag. 83)

 

In questo breve testo Daniel Pennac intreccia la vita del fratello Bernard con Bartleby lo scrivano, un racconto di Melville che presto approfondirò. Infatti non solo Daniel ma anche il fratello aveva un debole per questo racconto ed è geniale come si alterni la lettura scenica/teatrale di questo racconto e alcuni fatti caratteristici della vita di Bernard, come se in fondo si assomigliassero… o forse sono così simili da confondersi in certi momenti nel ricordo di Daniel?

Bernard era il fratello maggiore di Daniel Pennac, morto a causa di un errore durante un intervento chirurgico che non gli lasciò scampo…

Il genio di Pennac si manifesta attraverso questo alternarsi di finzione e realtà.

L’autore ci regala un libro tenero, toccante e delizioso che ci fa comprendere quanto amasse suo fratello e quanto la mancanza scandisca i suoi giorni. Daniel Pennac perdendo Bernard ha perso un punto di riferimento, un compagno di vita con cui ha condiviso tanto e di cui scopre ulteriori dettagli dopo la dipartita. Questo ci dimostra che spesso anche di chi amiamo restano sempre zone d’ombra, frammenti che sfuggono e che spesso raccogliamo solo dopo la loro dipartita.

Incredibile la somiglianza tra Bartleby e Bernard… entrambi non amavano stare al centro dell’attenzione, silenziosi e schivi… non mancano i dettagli divertenti e i motivi di riflessione.

Nel testo si alternano dunque le scene di “Bartleby lo scrivano” di Melville ai ricordi di ciò che tra fratelli, Daniel e Bernard, si sono detti anche se forse è molto di più ciò che non è stato detto e che Daniel non riesce a immaginare… Daniel conosce il fratello ma si renderà conto che non lo ha conosciuto veramente come avrebbe voluto e ora che è morto i dettagli che scopre accendono la nostalgia. Quanti segreti il fratello si è portato via morendo?

Molto bella è la partecipazione del pubblico a teatro che rimane talmente coinvolta dalla lettura scenica da non poter fare a meno di porre domande, di portare quello “spettacolo” via con sé con i suoi mille interrogativi. Bartleby assomiglia sempre a qualcuno di loro conoscenza… è come se ogni persona del pubblico ne avesse uno nella propria vita o ne avesse incontrato uno.

Ovviamente sarà impossibile non restare conquistati da Bartleby e dal suo atteggiamento particolare e anticonformista, suscita molta tenerezza quel suo restare un po’ misterioso e quel suo sereno dire “Preferisco di no”… così come ci si rende conto che tanti aspetti di Bernard avranno lo stesso alone di impenetrabilità.

Questo testo è delicato, invita a guardare tra le sfumature, crea la condizione per rendersi conto che nella vita tante cose sfuggono e che spesso è troppo tardi per acchiapparle, certe occasioni non tornano più soprattutto con le persone che amiamo e il rischio è quello di restare con mille domande… con parole mai dette che ci restano dentro, con la voglia di essere vicini senza creare le possibilità.

Nascono così i nostri rimpianti, quelli che ci accompagnano fino alla fine senza poter fare nulla per cambiare le cose perché chi ci lascia non torna.

Resta il vuoto.

Restano i perché.

Resta la domanda: “Chi ho perso”?

Molto, molto carino.

Un libro che lascia il segno, un libro che accarezza e fa riflettere,

un libro che resta come restano in noi le persone che abbiamo amato.

Ovviamente, prometto che leggerò ancora Pennac!

Roberta Salis

 

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