Un mostro chiamato Girolimoni – Una storia di Serial Killer di bambine e innocenti

Autori: Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani

Edito da Armando Editore

Pubblicato nel 2019

Pag. 176

Genere: Inchieste

DESCRIZIONE DEL LIBRO

Gino Girolimoni: un nome che a Roma vuol dire infame. Il nome di chi avvicina le bambine, le cerca, le vuole, le prende. Un nome usato ancor oggi. Goià, ma chi era davvero Gino Girolimoni? Un uomo benestante, coinvolto nella Roma degli anni Venti in una storia molto più grande di lui, così, dall’oggi al domani. Arrestato, accusato di ben sette stupri e omicidi a danno di bambine. Peccato che Girolimoni fosse completamente innocente, peccato che ogni prova fosse inventata di sana pianta per placare l’isteria, la follia che ormai si era impossessata dei quartieri della città, della gente. Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani, con l’aiuto di esperti di primo piano, ricostruiscono la vicenda dandone il quadro storico e criminologico completo. Rifacendo le indagini, passo passo, strada per strada, sospetto per sospetto, con le tecniche investigative di oggi.

RECENSIONE

Carissimi Amanti dei libri,

oggi vi parlo di una storia vera, un caso avvenuto negli anni 20 del secolo scorso, un caso che ha scosso gli animi dal nord al sud Italia perché nessuno aveva mai parlato di serial killer… non nel nostro Paese. Chi se lo sarebbe mai aspettato? Forse era impensabile per la società italiana di quel periodo, soprattutto in certe zone dove la vita scorreva tra casa, lavoro, famiglia.

Era un’epoca in cui non esisteva la tv e la gente si esprimeva in dialetto, erano pochi i nostri connazionali che conoscevano e parlavano italiano, solo il 5 o il 10% della popolazione. Il dato della lingua è una delle questioni più rilevanti in questa vicenda e che sarà chiaro nella lettura del libro.

Sì, certo, la fama di Jack lo Squartatore probabilmente aveva fatto il giro del mondo, ma chi pensava che anche in Italia un giorno si sarebbe parlato di serial killer e poi proprio a Roma, proprio in quei luoghi dove la gente era povera e aveva in mente solo di lavorare per assicurare il pane alla famiglia. Ma cosa accadde?

Il libro intitolato “Un mostro chiamato Girolimoni – Una storia di Serial Killer di bambine e innocenti” è scritto a quattro mani dallo scrittore e giornalista investigativo, Fabio Sanvitale, insieme al supporto dell’esperto della scena del crimine, Armando Palmegiani.

Il loro lavoro è attento ad ogni particolare, l’elemento chiave è la serietà data dall’oggettività del loro lavoro improntato sullo studio di tutte le fonti esistenti e di ogni atto processuale, con l’ascolto di persone a conoscenza dei fatti e con un’attenzione particolare nel ricostruire anche il contesto storico. Sembra quasi di ascoltare le loro voci e la loro capacità di usare un linguaggio adatto ad ogni tipo di lettore e ad ogni grado di cultura è ammirevole. Tutti questi elementi aiutano i lettori a entrare nella vicenda e a “vivere” in prima persona in un Italia molto diversa da oggi e vi sono dettagli illuminanti che aiutano anche chi non è esperto di criminologia a leggere senza difficoltà queste pagine.

Tutto inizia nel pomeriggio del 31 marzo del 1924, un pomeriggio uguale a tanti altri ma che segnerà l’evolversi di un incubo che ha lasciato un segno indelebile nella storia del nostro Paese.

Siamo a Roma…

In P.zza Cavour due bambini giocano tranquillamente, si tratta di Emma Giacobini e del fratellino di due… ma un fulmine a ciel sereno squarcia il cielo della bambinaia a cui erano stati affidati i piccoli: “Dove sono finiti i bambini? Perché non rispondono? Che scherzo è questo?”.

Iniziano le ricerche disperate.

Immaginate il terrore.

Immaginate il peso di quella disattenzione.

Immaginate come di colpo una giornata tranquilla si trasformi in un tunnel oscuro e senza fine.

Qualche ora più tardi in un campo si odono dei lamenti. La proprietaria dell’appezzamento di terreno, la sig.ra Caterina Ferroni, preoccupata va a vedere e… trova una bambina con un fazzoletto legato al collo e con in mano le sue mutandine. Il fratellino viene ritrovato in un altro luogo, in lacrime davanti ad un cinema, totalmente spaesato e incapace di tornare a casa.

Quella bambina fu la vittima “più fortunata”. Fu l’inizio di un periodo dove il terrore si scatenò di casa in casa. Nessuno si sentiva più al sicuro. Le altre piccole vittime non videro più la luce.

Tutte le bambine che il mostro rapì avevano un’età compresa tra 1 e 6 anni: Armanda, Bianca, Rosina, Elisa, Celeste ed Elvira… questi sono i nomi delle piccole innocenti finite tra le mani del mostro e costrette a subire violenze inenarrabili prima di chiudere dolorosamente i loro occhietti alla vita.

Il modus operandi del mostro sembra essere sempre lo stesso: rapisce bambine piccolissime da luoghi in cui sa che può avere diverse vie di fuga, luoghi spesso bui o poco frequentati, sceglie bambine che escono per fare commissioni o che aspettano sull’uscio di casa i propri genitori in attesa che concludano il lavoro, bambine che giocano ignare del pericolo che le scruta e studia ogni loro movimento.

Una cosa è certa: prima le fa soffrire e poi le uccide. Senza pietà. Senza un briciolo di compassione. Il mostro si macchia di orribili stupri culminati in atroci omicidi! È un boccone amaro da ingoiare ciò che dovettero subire le piccole vittime.

Finalmente, dopo tante ricerche, la polizia riesce a dare al mostro un nome: Gino Girolimoni… beh, qualcuno doveva pagare per quegli omicidi!

In realtà, secondo i due autori, rileggendo gli indizi allora raccolti per l’accusa di Girolimoni erano inconsistenti e a nulla servì perquisire in modo certosino la sua casa perché non trovarono nulla di rilevante. La verità, dura da dire anche a distanza di anni, senza dubbio è che per forza dovevano trovare qualcuno a cui addossare la colpa perché in fondo anche la polizia aveva capito di avere preso un granchio! Il capro espiatorio era la soluzione più semplice, uno tra tanti per far tacere il malumore di non avere nessuna soluzione tra le mani.

Non potevano ottenere nessuna condanna con quei pochi indizi irrilevanti e allora cosa fecero? Cercarono di portare all’esasperazione Girolimoni per estorcergli una confessione. Sicuramente la tortura psicologica che dovette subire non gli rese la vita facile, ma chi di noi avrebbe confessato un reato non compiuto?

Inutile dire che l’errore che fece la polizia fu clamoroso. Arrivarono, secondo la ricostruzione di Sanvitale e Palmegiani, ad attribuirgli connotati fisici estranei alla sua figura come il fatto che portasse i baffi. Tutto pur di far passare Girolimoni per il Mostro a cui tutti davano la caccia…

Ma perché?

Perché era l’unico modo che garantiva la serietà e l’efficacia al governo fascista che in quel periodo iniziava il suo insediamento ed era suo interesse poter riscuotere consensi anche tramite quest’operazione di caccia al mostro. L’accusa a Gino Girolimoni fu necessaria per scopi non proprio nobili ma era l’unica via per garantire alla gente di essersi schierati dalla parte giusta con il fascismo.

Ovviamente, la farsa che vedeva protagonista Girolimoni come mostro non poté durare a lungo ma una cosa è certa: la nomea che gli venne erroneamente assegnata se la trovo incollata a vita, qualunque cosa facesse e ovunque andasse, peggio di una condanna!

Il suo proscioglimento fu giusto ma i danni morali che subì nessuno avrebbe mai potuto ripagarli… Il suo cognome divenne la sua condanna a vita!

Al di là della ricostruzione dei fatti, avvenuta anche grazie al ripercorrere di Fabio Sanvitale e Armando Palmegiani dei luoghi in cui avvennero le sparizioni e i ritrovamenti delle bambine, ho apprezzato anche il parlare con i testimoni a conoscenza dei fatti dell’epoca spesso perché molti erano bambini che ascoltarono numerose volte dai genitori ciò che avvenne in quegli anni.

L’intera vicenda è stata ricostruita con i mezzi odierni e anche grazia al confronto e al supporto di altre persone esperte come:

il medico legale, G. Bolino, la psicologa, Chiara Camerani e il noto Ruggero Perugini che ha lavorato per tanti anni nella polizia e a contatto con l’F.B.I.

Cosa dire del libro ancora?

I dettagli da scoprire al di là della mia sintesi sono tanti e tutti interessantissimi. I protagonisti sono tutti importanti e con un ruolo decisivo nella vicenda, ma non posso e non voglio rovinarvi il gusto di scoprire la chiarezza e la ricchezza degli ulteriori dettagli di questa ricostruzione, lascio il resto alla vostra personale lettura.

Sono un’amante della criminologia in tutte le sue espressioni ma non mi ha lasciato indifferente la dedizione nella ricostruzione delicata e sensibile di questo caso pensando che per protagoniste ha delle bambine innocenti. C’è molto tatto nei due autori.

Pur essendo un caso famoso non ne avevo mai sentito parlare per questo ho apprezzato molto la narrazione tra passato e presente tenendo in conto i pochi mezzi del secolo scorso dove tutto era improntato sulle teorie lombrosiane e/o pochi frammentari indizi oltre alla mancata cura delle scene del crimine e lo sviluppo odierno delle tecniche criminologiche non basate su supposizioni ma che si avvalgono di prove evidenti per la ricostruzione delle dinamiche dei reati o dei casi più cruenti. Un salto di qualità evidente e determinante per la ricostruzione del caso e che viene ammirevolmente messo in luce tra queste pagine!

Un caso che saprà coinvolgere chi legge dall’inizio alla fine anche se non sempre i mostri hanno un volto, spesso restano sospesi nell’eternità… come un’Ombra!

Consigliato.

Ringrazio la CE per la copia del libro e per la proposta di collaborazione.

Roberta Salis

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