La sola colpa di essere nati

Autori: Gherardo Colombo e Liliana Segre
Edito da Garzanti
Collana: Saggi
Pubblicato nel gennaio 2021
Pag. 128

 

DESCRIZIONE DEL LIBRO

«Per me è molto importante sentirmi sulla tua stessa strada. Perché hai vissuto ciò che io ho solo letto, e perché avendolo vissuto non hai assecondato l’istinto di rispondere all’odio con l’odio». «Non abbiamo bisogno di eroi, serve però tenere sempre viva la capacità di vergognarsi per il male altrui, di non voltarsi dall’altra parte, di non accettare le ingiustizie». Liliana Segre ha compiuto da poco otto anni quando, nel 1938, con l’emanazione delle leggi razziali, le viene impedito di tornare in classe: alunni e insegnanti di «razza ebraica» sono espulsi dalle scuole statali, e di lì a poco gli ebrei vengono licenziati dalle amministrazioni pubbliche e dalle banche, non possono sposare «ariani», possedere aziende, scrivere sui giornali e subiscono molte altre odiose limitazioni. È l’inizio della più terribile delle tragedie che culminerà nei campi di sterminio e nelle camere a gas. In questo dialogo, Liliana Segre e Gherardo Colombo ripercorrono quei drammatici momenti personali e collettivi, si interrogano sulla profonda differenza che intercorre tra giustizia e legalità e sottolineano la necessità di non voltare mai lo sguardo davanti alle ingiustizie, per fare in modo che le pagine più oscure della nostra storia non si ripetano mai più.

 

 

 

RECENSIONE

Carissimi Amanti dei libri,

dopo una pausa sul tema, torno a proporvi una lettura che parla di Shoah con il dialogo tra Gherardo Colombo, ex Magistrato della Procura di Milano, e Liliana Segre, Senatrice e sopravvissuta alla Shoah, che troviamo nel libro “La sola colpa di essere nati”.

Come sapete, è un argomento che tratto spesso e che mi sta molto a cuore. In famiglia, c’è stato chi… ha vissuto questa esperienza dolorosa.

Ma torniamo al libro.

Il tempo prima di Auschwitz, per Liliana Segre è un mondo fatto di normalità, in una famiglia che l’amava e vissuto frequentando la scuola, come tutti i bambini. Era ebrea e lo sapeva, ma nella sua famiglia non erano legati alla religione. Ben presto, capì sulla propria pelle che, per i tedeschi, chiunque fosse ebreo, anche se non praticante, doveva sparire dalla circolazione.

Ogni volta che leggo l’esperienza della Segre ad Auschwitz, mi viene da pensare che sia andata all’inferno e che sia tornata per darcene testimonianza. Perché non saprei come definire ciò che milioni di persone hanno vissuto nei campi di concentramento se non come l’inferno in terra, da cui in troppi non hanno avuto scampo. Un pugno in pieno stomaco colpisce chi legge, chi nella propria mente cerca di immaginare corpi scheletrici che a malapena si reggono in piedi, pance vuote, vite senza più un nome e ridotte ad un numero tatuato. La sensazione è di essere là, tra il freddo e la sporcizia di Auschwitz, in quel clima di pesantezza e morte.

Le teste rasate, le pulci che saltano su corpi inermi e privati di tutto. Dell’intimità, della personalità, dei ricordi felici, della famiglia, del calore umano. Lottare per la sopravvivenza ruba l’umanità, vive chi ruba, chi sta in piedi.

Se pensate che stia usando un linguaggio troppo duro, vi do ragione. Ma che parole potrei usare se non quelle che parlano della verità di ciò che è successo?

A cosa servirebbe nascondere i fatti?

Mi sta a cuore che non si creino più situazioni come quella dei tanti campi di concentramento che sono esistiti e, per quanto posso, non smetterò di sentirmi testimone di chi oggi non c’è più… Sono pochi coloro che sono ancora in vita tra i sopravvissuti della Shoah, non abbiamo paura di accogliere la responsabilità che ci viene posta tra le mani e nella vita per dire insieme: “Mai più!”.

Se non avete mai letto l’esperienza della Segre, vi consiglio il libro e lo consiglio a tutti, non stanca mai chi cerca di evitare la disfatta dell’umanità!

Roberta Salis

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